La vendita dell’immobile ristrutturato col Superbonus genera plusvalenza. La novità è in vigore dal 1° gennaio 2024 (quindi sulle cessioni onerose effettuate a partire da quella data) per effetto dell’ultima Legge di Bilancio 2024, che dispone un’imposta sostitutiva al 26% sugli immobili che vengono appunto ceduti dopo essere stati soggetti a interventi ammessi al Superbonus. Sull’argomento si è soffermata l’Agenzia delle Entrate con una circolare ad hoc – la 13/E uscita il 13 giugno – che interviene sulla disciplina fiscale delle plusvalenze in caso di cessione a titolo oneroso di beni immobili.
Superbonus: se si cede l’immobile scatta la plusvalenza
La norma si muove nell’ambito dei cosiddetti “redditi diversi” e introduce delle nuove misure in materia di variazione dello stato dei beni. In particolare, tra i redditi diversi indicati nell’articolo 67 del TUIR il legislatore della manovra 2024 ha inserito una nuova fattispecie di plusvalenza imponibile, ossia quella che deriva dalla cessione di immobili oggetto di interventi agevolati con la detrazione del Superbonus conclusi da non più di dieci anni rispetto all’atto della cessione e indipendentemente dal fatto che gli stessi interventi siano stati effettuati o direttamente dal proprietario oppure da altri soggetti come un comodatario o un familiare convivente.
Plusvalenza: come si calcolano i 10 anni dai lavori Superbonus
Viene precisato nella circolare che il momento esatto da cui far partire il calcolo della decorrenza dei dieci anni (cioè la conclusione dei lavori) va individuato dalle abilitazioni amministrative o dalle comunicazioni richieste dalla normativa urbanistica e dai regolamenti edilizi vigenti. Riguardo al concetto di “interventi agevolati” la circolare AdE specifica che non viene fatto un distinguo fra lavori trainanti o trainati, risultando sufficiente la circostanza che siano stati effettuati interventi ammessi al Superbonus. Al tempo stesso non rileva la modalità di fruizione del bonus fiscale, cioè in dichiarazione, oppure tramite cessione del credito o sconto in fattura. Chiaramente l’ipotesi di plusvalenza riguarda solo la prima cessione a titolo oneroso dell’immobile effettuata entro dieci anni dalla conclusione dei lavori e non anche le eventuali successive cessioni.
Plusvalenza: quando viene esclusa
Vi sono però delle casistiche in cui l’ipotesi di plusvalenza, pur in presenza di lavori agevolati col Superbonus, è automaticamente esclusa, ovvero sugli immobili:
- acquisiti per successione;
- adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei dieci anni antecedenti alla cessione;
- adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto/costruzione e la cessione, qualora all’atto della cessione l’immobile sia stato acquistato o costruito da un periodo inferiore a dieci anni.
In buona sostanza è esclusa la plusvalenza dove non è ravvisabile, nella volontà del cedente di vendere l’immobile, un intento prettamente speculativo.
Plusvalenza: come viene calcolata e tassata
C’è infine tutto il discorso su come, nel concreto, questa plusvalenza va calcolata ai fini della tassazione sostitutiva del 26%. Bisogna anzitutto partire dal concetto basilare secondo cui la plusvalenza ha origine dalla differenza tra quanto si percepisce nel momento della cessione e la spesa sostenuta in origine, cioè quando l’immobile è stato acquistato o costruito. Ora, per quanto riguarda l’ipotesi di plusvalenza legata al Superbonus, la novità normativa prevede dei criteri particolari per la determinazione del “costo inerente al bene” che variano a seconda che tra la data di conclusione degli interventi e la cessione dell’immobile siano trascorsi fino a cinque anni o di più.
Nel primo caso, infatti, la norma stabilisce che le spese relative agli interventi ammessi al Superbonus non possono andare a “pesare” sulla cessione dell’immobile se, congiuntamente:
- l’esecuzione dell’intervento agevolato abbia comportato la fruizione del Superbonus nella misura del 110%;
- siano state esercitate le opzioni per lo sconto in fattura praticato dal fornitore o per la cessione del credito d’imposta.
Nel caso invece siano trascorsi più di cinque anni tra la conclusione degli interventi e la vendita dell’immobile, laddove si sia fruito dell’incentivo nella misura del 110% e siano state esercitate le opzioni per lo sconto in fattura praticato dal fornitore o per la cessione del credito d’imposta, nella determinazione dei costi inerenti all’immobile si può tener conto al massimo del 50% delle spese sostenute per gli interventi agevolati.