Entro il 31 dicembre 2021 potrà essere richiesto dalle famiglie quello che in queste ore, con l’avvicinarsi delle festività, molte testate online stanno definendo impropriamente “Bonus Natale”. Quel che è certo è che si tratta di un’agevolazione economica destinata alle famiglie in difficoltà e che per usufruirne è necessaria un’attestazione del reddito e del patrimonio che dimostri il disagio economico del nucleo; tuttavia l’etichetta affibbiata di “bonus natalizio” è del tutto sviante poiché non si tratta di una “regalia” legata specificatamente al Natale, bensì di un buono spesa per l’acquisto di generi alimentari e/o di prima necessità introdotto sulla scia della crisi pandemica dal cosiddetto Decreto Ristori, poi rifinanziato dal Sostegni Bis.
Facciamo allora un po’ di chiarezza. Il bonus porta in dote, spartendolo secondo criteri di densità di popolazione e valore del reddito pro capite dei singoli Comuni, un portafoglio complessivo di 500 milioni distribuibili fino alla fine dell’anno per offrire un sostegno economico alle famiglie maggiormente colpite dall’emergenza Covid. Sono quindi i Comuni di residenza quelli deputati a stabilire, secondo le regole adottate dalle singole amministrazioni, chi sono i nuclei con le caratteristiche (economiche in primis) per poter accedere all’erogazione dei buoni spesa e ovviamente le modalità operative con cui fare domanda.
Di base c’è da dire che non sono previsti degli sbarramenti in base al numero di componenti del nucleo: quindi in sostanza l’agevolazione può spettare tanto a nuclei dei single quanto alle famiglie numerose, per di più a prescindere dalla presenza o meno di figli o anziani. Detto questo, se due più due fa quattro, è molto probabile che nella stragrande maggioranza dei casi venga richiesto l’ISEE quale “attestato” di certificazione economica di disagio, essendo questo l’unico vero strumento per “fotografare” nel complesso il sussistere dell’eventuale stato di degenza (in caso di bisogno i consulenti CAF ACLI sono pronti a darvi una mano).
Quanto poi alla specifica soglia economica ISEE per distinguere i casi di bisogno da tutti gli altri (in pratica gli aventi diritto dai non aventi diritto), anche questo è un aspetto da verificare in loco secondo le direttive di ciascun Comune. Possiamo comunque anticipare che saranno esclusi dai buoni spesa i nuclei già percettori di altre forme di sostegno economico come il Reddito di Cittadinanza o la NASPI.
E veniamo infine a una delle domande più frequenti: a quanto ammonta l’importo del bonus? Com’è naturale in questi casi – cioè nei casi di agevolazioni commisurate al livello economico dei singoli nuclei richiedenti – non esiste un importo fisso; si spazia quindi in una forbice minimo-massimo che in questo caso parte da una base di 100 euro fino ad arrivare a un importo di 600-700 euro nel caso dei nuclei più numerosi. Il motivo, quindi, per cui spesso si trova indicato l’importo di 1.400 euro come cifra massima di buoni erogabili, è perché in realtà ogni nucleo ha la possibilità di riottenere il beneficio anche una seconda volta, il che appunto raddoppierebbe i 700 euro della prima domanda.
Va però altrettanto ricordato che la dotazione economica con cui lo Stato finanzia il bonus, girando le risorse ai singoli Comuni, non è illimitata (parlavamo appunto di un portafoglio complessivo di 500 milioni). Ciò significa, in termini pratici, che nel momento in cui un certo Comune X o Y dovesse esaurire anzitempo la “fetta di torta” stanziatale dal MEF, i residenti che non avessero fatto in tempo a richiedere il beneficio ne rimarrebbero automaticamente esclusi, pur avendo in teoria i requisiti economici per usufruirne.