Che fine farà l’Assegno Unico? La domanda campeggia da settimane su testate cartacee e online, ma il modo più giusto di porla sarebbe un altro: “come cambierà”? Escludendo ovviamente le ipotesi – già smentite – di abolizione sulla misura economica che dal marzo 2022 ha soppiantato, oltre comparto delle detrazioni sui carichi fiscali per i figli fino a 21 anni, anche tutta una serie di precedenti prestazioni come il vecchio bonus bebè o gli assegni al nucleo, proviamo a fare il punto sulle papabili novità che potrebbero rinnovarne le regole.
Assegno Unico: come potrebbe cambiare
La parola chiave è “rimodulazione”, che nel pratico potrebbe voler dire: tolgo risorse ad A per aggiungerle a B. L’ipotesi, infatti, che maggiormente si è fatta largo in queste settimane di fine estate riguarda il nodo ISEE. Ad oggi il diritto all’Assegno non è vincolato alla presenza dell’indicatore economico. La stesa cosa avveniva, se ricordate, anche per il Bonus Bebè: che ci fosse o meno una DSU valida, la misura sarebbe spettata comunque, bastava chiederla, fermo restando che in assenza di ISEE si sarebbe avuto diritto al minimo sindacale, quindi a un assegno fisso non parametrato alla reale fascia economica del nucleo (e la fascia, appunto, la si può evincere solo dal calcolo ISEE).
Per il futuro, invece, alla vigilia di una Manovra economica tutta da scrivere, ma che già da mesi si annuncia imbastita all’insegna di una rigida “austerity”, ciò che con ogni probabilità si sta pensando di fare è proprio quello spostamento di risorse da A a B cui accennavamo sopra: chiudere cioè il rubinetto dell’Assegno Unico per i nuclei sprovvisti di ISEE, dirottando così le quote che sarebbero loro spettate ad altre famiglie più bisognose, con più figli o con disabili a carico.
Assegno Unico con o senza ISEE?
Chi, insomma, pur senza aver presentato l’ISEE, o con un ISEE superiore a 45.000 euro, ha comunque beneficiato della misura standard di Assegno – pari a 57 euro mensili – in questi suoi primi due anni di permanenza, potrebbe vederselo togliere a vantaggio di altri nuclei che andrebbero invece a ricevere quote più sostanziose (tolgo ad A per dare a B).
Un’altra ipotesi su cui si starebbe ragionando – sempre legata all’ISEE – è quella di “stornare” le quote percepite di AU dagli indicatori elaborati ai fini di altre prestazioni economiche, come ad esempio i bonus “sociali” sulle forniture domestiche di acqua, luce e gas. Finora infatti l’Assegno ha pesato sulle DSU trasmesse per usufruire di questi bonus, col risultato di escluderne molte famiglie prima beneficiarie. Il paradosso, quindi, è che inglobando l’Assegno Unico nel calcolo delle DSU, molte famiglie in realtà bisognose di sostegno sono state fatte passare (diciamo così) per “ricche”.
Detto questo, di risposte certe adesso non ce ne sono, per lo meno fin quando il legislatore della Finanziaria non metterà nero su bianco; e comunque fino al 1° marzo 2025, momento in cui scatterà la terza annualità dell’Assegno, tutto resterà invariato.