Forfetari e impatriati: regimi agevolativi inconciliabili

24 MARZO 2023

Forfetari e impatriati sono fiscalmente inavvicinabili. Agli occhi del Fisco – cioè ai fini delle agevolazioni che i due regimi prevedono – non si può essere al tempo stesso sia l’uno che l’altro. Ad esempio, come nel caso pratico analizzato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta 190 del 6 febbraio 2023, un contribuente che al rientro in Italia abbia optato per il regime forfetario nei periodi d’imposta 2020 e 21, non potrà fruire, sui futuri compensi che andrebbe a percepire se accettasse un incarico nell’amministrazione di alcune società, delle misure di favore per i lavoratori impatriati fino al compimento del quinquennio potenzialmente agevolabile col forfetario (ossia nel triennio residuo 2022-2024).

I redditi imponibili col regime forfetario, infatti, non partecipano alla formazione del reddito complessivo (sono appunto tassati a parte), mentre il regime speciale per lavoratori impatriati risulta applicabile ai soli redditi, prodotti nel territorio dello Stato, che invece concorrono in parte alla formazione del reddito. Come ricorda l’Agenzia, per i lavoratori provenienti dall’estero e residenti nel territorio dello Stato successivamente al 30 aprile 2019, i redditi di lavoro dipendente, assimilati o i redditi da lavoro autonomo prodotti in Italia, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30%, a partire dal periodo d’imposta in cui è avvenuto in trasferimento della residenza e per i quattro periodi d’imposta successivi.

Nel quesito posto all’Agenzia, il contribuente fa sapere che dopo aver svolto un master all’estero, nel 2020 è rientrato in Italia ed ha optato per una determinazione del reddito imponibile secondo i criteri del regime forfetario, cioè con l’applicazione dell’imposta sostitutiva pari al 15%; a questo punto, dopo due anni di regime forfetario, chiede quindi se possa o meno beneficiare del diverso regime sugli impatriati per i compensi relativi al futuro incarico di membro del Consiglio di amministrazione di alcune società.

Ora, in base alle regole sul regime forfetario, cioè la naturale tassazione delle persone fisiche che esercitano un’attività di impresa, arte o professione in forma individuale, i compensi percepiti dal lavoratore non concorrono alla formazione del reddito complessivo, ma vengono appunto sottoposti a un’aliquota sostitutiva nella misura del 15%. Ciò implica, come viene specificato nella Circolare AdE 33/2020, che il forfetario rende impossibile la diversa scelta di altre tipologie di tassazione – vedi ad esempio quella sugli impatriati – anche qualora sussistano di per sé le condizioni per la loro applicazione.

Quindi in buona sostanza delle due l’una: il lavoratore che rientra in Italia per svolgere un lavoro autonomo potrà sì fare le sue valutazioni, ma alla fine sarà costretto a scegliere un solo regime di tassazione fra quelli “papabili”. Il fatto allora che l’istante si sia già espresso a favore del regime forfetario – già applicato negli anni 2020 e 21 – non gli consentirà, per lo meno fino al 31/12/2024, cioè fino al compimento del primo quinquennio di forfetario, di cambiare idea scegliendo ex post una diversa tassazione da applicare ai redditi derivanti dal futuro incarico societario.

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